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DORA PALUMBO

sindaca

Inaccettabile la situazione in Certosa: un servizio pubblico non può essere ostaggio del socio privato

La questione della Certosa e di BSC (Bologna servizi cimiteriali) sembra aver ormai raggiunto il punto di non ritorno. È inaccettabile che un servizio pubblico, peraltro redditizio, si trovi ostaggio del socio privato di minoranza, mettendo a repentaglio il servizio stesso e le lavoratrici e i lavoratori. Per questo non è chiaro perché l’amministrazione continui ad insistere nel cercare una conciliazione, quando risulta evidente che la frattura che si è aperta fin dal 2013 e dalla contestuale assegnazione del bando al socio privato non è sanabile, e l’idea di una collaborazione fino al 2043 (questa la data di scadenza del bando) risulta impensabile.

Dopo aver preso parte all’assemblea pubblica chiamata da lavoratrici e lavoratori la Consigliera comunale del gruppo misto Nessuno resti indietro Dora Palumbo, ora candidata sindaca con Sinistra Unita per Bologna, ribadisce che “la soluzione sarebbe quella di sciogliere il contratto e di costituire una società in house, coinvolgendo anche i comuni della Città metropolitana”. Finora tuttavia l’intenzione sembra quella di continuare nel tentativo – finora fallimentare – di ricucire i rapporti con il socio privato. Nell’ambito dell’assemblea pubblica infatti è sceso anche il direttore generale Valerio Montalto, che ha reso noto che oggi avrebbe dovuto partecipare ad un incontro con il socio privato (SPV), poi rimandato a martedì prossimo per volontà di SPV stessa. “Montalto ha chiarito che il tentativo è quello di ricucire – sottolinea Palumbo – ma non ha risposto alle domande di lavoratrici e lavoratori in merito alla possibilità di un superamento dell’accordo con il privato. Dall’esterno, viste anche le molteplici inadempienze di SPV, risulta difficile comprendere questa scelta. Non avendo accesso a tutta la documentazione, non è possibile darne una valutazione esaustiva, ma è certamente negativa la mancanza di risposte in questo senso. Lavoratrici e lavoratori hanno infatti reso chiaro come la questione non sia unicamente salariale – in seguito al blocco del bilancio causato da SPV non hanno ricevuto il salario di produttività, previsto per giugno e bloccato indefinitamente fino al superamento di questo stallo – ma riguardi la qualità stessa del servizio e lo sviluppo di un servizio pubblico che è un’eccellenza bolognese e viene messo a repentaglio da questa collaborazione fallimentare”.

Infatti, il contenzioso tra Comune e socio privato che ha portato al blocco del bilancio 2020 e del budget 2021 di BSC ha radici lontane, ed è il risultato di una relazione conflittuale fin dall’assegnazione del bando nel 2013 e che ha spesso raggiunto i tribunali. Una situazione che mette in difficoltà gli 80 dipendenti di BSC-BSF, che proprio per questo nella mattinata di oggi hanno chiamato un’assemblea/presidio presso il cortile di Palazzo d’Accursio.

“Ho preso parte all’assemblea – spiega Palumbo – perché penso che la situazione della Certosa sia una responsabilità politica di cui tutto l’arco rappresentativo deve farsi carico. È inaccettabile che un servizio pubblico, peraltro redditizio, si trovi ostaggio del socio privato di minoranza, mettendo a repentaglio il servizio stesso e le lavoratrici e i lavoratori. Per questo è fondamentale che l’amministrazione dia ascolto alle lavoratrici e ai lavoratori coinvolti e ai sindacati, e che dia loro delle risposte. I sindacati stessi, infatti, hanno sottolineato la necessità di ottenere risposte che vadano oltre la questione del salario di produttività, comunque prioritaria, ma che rispondano di una situazione generale che continua a ripresentarsi e che mette a rischio lavoratrici e lavoratori ma anche la cittadinanza, nel momento in cui il socio privato di minoranza detiene in ostaggio l’erogazione di un servizio pubblico fondamentale”.

Alla questione del salario, infatti, si aggiunge il fatto che l’attuale stallo in BSC comporta un blocco degli investimenti e delle attività, nonché di progetti di sviluppo già approvati come il potenziamento del polo crematorio. Di fatto, la lite tra soci blocca un’azienda che fattura 12 milioni di euro con 3 milioni di utili e che eroga un servizio pubblico, peraltro ponendo l’intera Città in una posizione precaria, poiché al momento se ci fossero guasti il servizio rischierebbe di essere sospeso. “Basti pensare – conclude Palumbo – a cosa succederebbe se ci fosse un guasto del forno crematorio: Bologna che ha aiutato altre città in crisi, come Bergamo, si troverebbe in forte difficoltà”.